Cooperazione: ricerca VIS, italia immobile rispetto al resto UE

21 giugno 2006 – L’Italia puo’ imparare da altri Paesi il modo in cui amministrare la cooperazione internazionale allo sviluppo: e’ il senso di una ricerca sui sistemi di cooperazione in Europa commissionata dal Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo) al Cespi (Centro studi di politica internazionale).

La ricerca ha preso in esame le cooperazioni bilaterali di Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna ed Italia e le esperienze dell’Olanda e della Danimarca fino ad allargare lo sguardo alla Commissione Europea. Rispetto a queste realta’, si sottolinea la ricerca, in Italia prevale l’immobilismo. La Cooperazione italiana, si legge, “vive un momento di forte crisi. Non si tratta soltanto di reperire nuove risorse ma di riformare la macchina della cooperazione nel nostro Paese che non ha mai funzionato a dovere perche’ condizionata dalla cronica assenza di procedure amministrative certe, efficienza gestionale, reale protagonismo consultivo degli attori piu’ importanti, obiettivi e priorita’ chiari, coerenza delle varie politiche per lo sviluppo e di un sistema di monitoraggio e di valutazione sull’efficienza ed efficacia degli aiuti”.

Per Antonio Raimondi, presidente del Vis, “la Cooperazione allo Sviluppo italiana va ripensata” nei suoi “orizzonti strategici” e istituzionali. “La sfida”, ha continuato, “consiste proprio nel dotare la Cooperazione di una propria dignita’ politica, disgiunta dalle scelte di politica estera”. Raimondi ha chiesto un “ministero per lotta alla Poverta’ e alla Solidarieta’ Internazionale, strumento imprescindibile per la costruzione del Welfare mondiale”.

Dalla ricerca, ha sottolineato Raffaele Salinari, portavoce del Cini (Coordinamento italiano delle ong internazionali), emergono “tre punti: una grande asimmetria all’interno dell’UE sul modo in cui e’ gestita cooperazione; la sproporzione tra Stati come la Danimarca che hanno destinato all’Aiuto allo sviluppo (Aps) l’1% e altri come l’Italia che stanno molto al di sotto di quella cifra; l’aumento delle intese bilaterali e la riduzione del multilateralismo”. Per Salinari occorre “coordinare di piu’ le politiche nazionali, aumentare l’Aps e un rilancio del multilateralismo”.

La cooperazione va invece agganciata alla politica estera del Paese, per Giuseppe Deodato, direttore generale della Farnesina per la Cooperazione allo sviluppo, che ha accusato le organizzazioni non governative italiane di “autoreferenzialita’”.

Invece, ha aggiunto, serve “una sforzo di visione della politica internazionale. Bisogna capire in quali scenari si vuole operare ma tenendo ben presente la politica estera del Paese. L’esempio degi altri deve farci riflettere: in alcuni Paesi c’e’ una diversa valutazione politica della cooperazione”.