Europa

Europa, 18 Novembre di Mario Raffaelli
Aiuti allo sviluppo, finalmente il ministero La decisione di istituire un ministero per la cooperazione internazionale e l’integrazione rappresenta, di per sé, una novità di straordinaria importanza.

Non ve dubbio, infatti, che il nostro paese è ormai all’indice sulla scena internazionale a causa del clamoroso declino registratosi in questi ultimi anni proprio in materia di cooperazione allo sviluppo. Ciò è avvenuto sia a proposito delle risorse messe in bilancio (crollate al punto da renderci clamorosamente inadempienti nei confronti dei paesi beneficiari e degli organismi internazionali) sia per quanto concerne direttamente la capacità di iniziativa politica. L’innalzamento del livello di autorevolezza della guida politica in questo settore (la cui crescente importanza, nel mondo globale, dovrebbe essere evidente a tutti) può quindi costituire la leva per affrontare e sciogliere i nodi che sono stati alla base del decadimento. Come noto, infatti, la cooperazione internazionale non ha mai avuto in Italia, a differenza degli altri paesi europei, una leadership con il rango di ministro. Con la scelta operata dal presidente Monti, invece, il nostro paese si porrebbe addirittura all’avanguardia, dando per primo forma concreta alle proposte che, da qualche tempo, sono oggetto di un importante dibattito europeo. In uno dei libri più belli scritti negli ultimi anni sulle tematiche della povertà e dello sviluppo (“L’ultimo miliardo’ – Laterza), Paul Collier sostiene infatti che la cooperazione internazionale ha assunto oggi una importanza così rilevante da comportare, per essere efficace, una responsabilità politica a livello di primo ministro. Anche perché, coinvolgendo di fatto la gran parte dei dicasteri (a partire da quelli economici, in virtù dei finanziamenti agli organismi multilaterali), richiede una coerenza delle politiche e dei comportamenti che può essere assicurata solo da un coordinamento a quel livello. Con l’istituzione del nuovo ministero (al quale, con altra scelta innovativa, è stata attribuita anche la competenza diretta in materia di integrazione) l’Italia potrebbe tornare ad essere protagonista di primo piano non solo nell’Africa subshaariana ma anche nel Mediterraneo, costruendo una iniziativa politica all’altezza delle sfide e delle opportunità che si sono aperte con i processi rivoluzionari in corso nel mondo islamico e rafforzando, con questa iniziativa, anche il nostro ruolo in Europa. In questo quadro, un altro elemento positivo è costituito dalla persona che è stata indicata per la guida del nuovo ministero. Andrea Riccardi (che conosco bene, avendo operato insieme nella mediazione di pace in Mozambico, e al quale invio i migliori auguri di buon lavoro) ha infatti sia la personalità che le caratteristiche per svolgere bene questo compito impegnativo. Per far sì che questa straordinaria opportunità non rimanga allo stato di enunciazione dovranno però essere assunte tempestivamente le modifiche amministrative e legislative necessarie a rendere realmente operativo ed efficace il nuovo strumento. Solo per fare un esempio, va ricordato che la cooperazione allo sviluppo, a legislazione invariata, è completamente incardinata nel ministero degli esteri. E non va dimenticato che, nelle due ultime legislature, il parlamento si è dimostrato totalmente incapace anche solo di aggiornare uno strumento ormai obsoleto quale è ormai la legge 49 del 1987. Ci sarà bisogno, quindi, di un forte appoggio da parte di quelle componenti organizzate della società civile che sono più sensibili alle tematiche in questione, per non mancare questa occasione irripetibile ed utilizzare l’attuale situazione di estrema debolezza per riguadagnare, in un colpo solo, le posizioni di testa. In un certo senso, l’istituzione del nuovo ministero per la cooperazione internazionale e per l’integrazione rappresenta emblematicamente la sfida che sta davanti al governo Monti nel suo insieme: trasformare una grande potenzialità in realtà viva ed operante.