I tre giorni di lavoro del G8 dell’Aquila si chiudono con un nulla di fatto per la salute delle comunità africane. «È sorprendente che il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel sottolineare la necessità di rinnovare le modalità dell’aiuto del G8 all’Africa, abbia omesso di citare tra i settori prioritari quello della salute – commenta Giulia De Ponte, responsabile advocacy di AMREF Italia – È un’omissione grave, che riflette la non adeguata attenzione di questo vertice all’enorme domanda di salute che viene dalle comunità africane».
«Il comunicato finale del G8 su Sviluppo e Africa – aggiunge De Ponte – tocca temi sanitari rilevanti, come la grave carenza di personale sanitario e la necessità di un rafforzamento dei sistemi sanitari, che sono tra i maggiori ostacoli alla realizzazione degli Obiettivi del Millennio relativi alla salute, sui quali il G8 si è più volte impegnato. È positiva l’enfasi posta dal Rapporto del Gruppo Esperti Salute del G8 sulla necessità di rendere l’assistenza sanitaria di base più facilmente accessibile e i servizi sanitari maggiormente integrati. Per l’ennesima volta, però, i documenti degli Otto non si spingono oltre le dichiarazioni di principio e mancano di passare dalle parole ai fatti».
Un consenso sulla necessità di sostenere il personale sanitario esiste già nella comunità internazionale, e si è consolidato nella Dichiarazione e nell’Agenda di Azione Globale di Kampala del 2008. «Il fatto che il Communiqué del G8 ne prenda nota – precisa De Ponte – non è però sufficiente ad innescare cambiamenti reali. Il G8 del 2009 ha perso un’altra occasione importante per agire sulla base del consenso sviluppato a Kampala, e per tradurre finalmente le dichiarazioni in investimenti concreti e azioni reali».
«Passare dalle parole ai fatti – spiega Victoria Kimotho, coordinatrice internazionale advocacy di AMREF – significa sostenere subito i paesi impoveriti nello sviluppo e nella piena attuazione di piani nazionali per il personale sanitario, e finanziare questi piani con investimenti sufficienti e di lungo periodo. Per supplire all’attuale carenza di un milione e mezzo di operatori sanitari nell’Africa Sub-sahariana servono 26,4 miliardi di dollari per i prossimi dieci anni. E’ fondamentale, inoltre, promuovere in seno al Fondo Mondiale Internazionale, politiche di espansione dello spazio fiscale che permettano di aumentare la spesa sanitaria».
«Servono anche misure urgenti – sottolinea Giulia De Ponte – per arginare efficacemente il fenomeno dell’esodo del personale sanitario. L’Africa, infatti, deve sostenere il peso del 24 per cento delle malattie globali, ma ha solo il 3 per cento del personale sanitario mondiale, pagato con meno dell’un per cento del budget globale per la salute. Ogni anno il continente perde ventimila tra medici e infermieri specializzati che decidono di emigrare nei Paesi ricchi del nord, attratti dalla prospettiva di migliori condizioni di vita e di lavoro. Per frenare questa emorragia di risorse umane qualificate, che comporta un costo altissimo per il continente dal punto di vista economico e ancora di più in termini di mancata assistenza sanitaria alla popolazione, sarebbe necessario investire nella formazione di personale sanitario nei Paesi di destinazione. Il G8, invece, ha riproposto l’idea di codici di condotta volontari per regolare le assunzioni nel personale sanitario. Nessun impegno concreto per frenare davvero la fuga dei cervelli dall’Africa».