I PROFUGHI A LAMPEDUSA: SOLO UN FATTO DI ORDINE PUBBLICO DA RISOLVERE CON LA RIMOZONE O UN DRAMMA DI DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO?

Roma, 4 Aprile 2011 – Non possiamo restare indifferenti agli avvenimenti sulla sponda sud del Mediterraneo, con il loro corteo di richieste di asilo e protezione da parte del nostro Paese, ma anche con i cortei di giovani nelle piazze che non bruciano bandiere a volto coperto inneggiando slogan antioccidentali, ma chiedono lavoro, democrazia e responsabilità politica diretta.
Essi purtroppo evidenziano con drammatica attualità le carenze della cooperazione internazionale dell’Italia che, in questi ultimi anni, ha sostanzialmente abbandonato questa importante componente delle politica estera per affidare le sue relazioni con i paesi arabi solo al commercio, in particolare di armamenti, ed agli accordi sul contenimento dell’immigrazione.
La tragedia di Lampedusa è stata ed anche oggi, in pieno scenario di guerra, gestita solo come fosse una emergenza di ordine pubblico e sanitario, non una emergenza umanitaria ma solo di sovraffollamento di località turistica gravemente vulnerata nella sua amenità da questa presenza sgradevole.

Questo dramma umano e sociale ci ricorda invece che il nostro Paese è ancora in attesa di una legge sul diritto di asilo, mentre paradossalmente la spesa per il noleggio delle navi che dovrebbero distribuire i migranti sul territorio nazionale o, peggio, impedire gli sbarchi violando così il Diritto Internazionale Umanitario, per quel che si sa, sarà pari a circa quanto si stanzia in un anno per l’intera cooperazione allo sviluppo italiana (DGCS).
Le ONG del CINI dunque, nel denunciare questi gravi squilibri e mancanze, sollecitano la revisione delle priorità geografiche e settoriali della cooperazione internazionale, individuando nel sostegno alle società civili di quei paesi in cerca di democrazia ed opportunità una priorità oggettiva.
Chiedono che stanziamenti di risorse per interventi di dimensione e qualità adeguata nell’area, anche al fine di creare alternative reali ai flussi migratori in mano alla criminalità, vengano deliberati subito e in forma addizionale a quelli già molto esigui stanziati per la cooperazione allo sviluppo. Ciò anche quale segno concreto di una nuova politica estera, più attenta alle dinamiche complessive e capace di reintegrare la sponda sud del Mediterraneo nelle priorità politiche europee decise a Barcellona e mai applicate.