Decreto sicurezza bis: siamo proprio fuori rotta

Lunedi 5 agosto il Parlamento ha approvato il Decreto Sicurezza bis che introduce misure che, tra l’altro, puniscono severamente chiunque approdi in Italia dopo aver salvato persone in pericolo di vita nel Mediterraneo.  Chi lo ha votato si assume  la responsabilità delle contraddizioni di queste misure con i principi espressi nella nostra Costituzione, con gli obblighi internazionali in materia di promozione e tutela dei diritti umani che l’Italia ha assunto e con il senso di umanità e solidarietà che è alla base della nostra convivenza.

La migrazione e la mobilità umana esistono da sempre e non possono essere fermate. Possono e devono essere governate affrontandone con intelligenza la complessità e adottando politiche coerenti e lungimiranti, coordinate a livello europeo.

Tali politiche non possono essere riducibili quindi a divieti e sanzioni ai soccorritori in mare, finalizzati solo a scoraggiare i salvataggi  e  destinati ad aumentare il numero di morti: è assurdo pensare che le Ong siano il problema o che possano esserlo le navi commerciali o militari che hanno l’obbligo del soccorso. Il grande lavoro delle Ong, inoltre, è anche e soprattutto lungo le rotte migratorie, nei paesi di origine e di transito: lo fanno da sempre, spinte da un imperativo umanitario che nessuno potrà mai cancellare, in terra e in mare.

È nostra ferma convinzione dunque che quella tracciata dalla nuova legge sia la strada più sbagliata per affrontare il tema dei movimenti migratori.

Politiche migratorie efficaci e lungimiranti devono al contrario discendere da una visione complessiva, capace di affrontare le difficoltà e di governare coerentemente la realtà migratoria. Devono prevedere, tra l’altro, una maggiore cooperazione per lo sviluppo con i paesi di origine e di transito slegata dalla collaborazione in tema di rimpatri; partenariati, programmi e accordi pluriennali con tali paesi che prevedano vie di ingresso regolari e sicure per migranti e rifugiati; corridoi umanitari dai paesi in guerra. Ancor più fondamentalmente, la lotta contro i traffici di esseri umani deve passare attraverso la reintroduzione di sistemi di ingresso regolari, sicuri e ordinati, anche ai fini di una proficua integrazione. 

Occorre cambiare rotta, per il bene del nostro Paese, prima che sia troppo tardi.